Virgo
| Nome | Vergine |
| Genitivo | Vir |
| Abbreviazione | Vir |
| Estensione (gradi^2) | 1294 |
| Emisfero | AUSTRALIS |
| Tipologia | Zodiacale |
| Confini |
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| Stagionalità |
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| Eventi: |
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| Altezza: | 45,77° |
| Azimut: | 202,607° (SSO) |
Il nome, la storia, il mito
La costellazione della Vergine (in latino Virgo) rappresenta una delle 88 costellazioni moderne e una delle 48 già catalogate da Tolomeo. Si distingue come la seconda costellazione più estesa del cielo, coprendo un'area di circa 1294 gradi quadrati, superata unicamente dall'Idra. La sua posizione è intrinsecamente legata all'eclittica, collocandosi tra il Leone a ovest e la Bilancia a est.
La costellazione della Vergine affonda le sue radici nell'astronomia babilonese, dove era conosciuta come "Il Solco" e rappresentava la dea Shala, spesso raffigurata con una spiga di grano. Questa associazione diretta con la "spiga di grano" è stata preservata nel nome della stella più brillante della Vergine, Spica, che in latino significa appunto "spiga di grano". Questo legame ha anche reso la costellazione un simbolo di fertilità. Ipparco notò che la Vergine corrispondeva anche a un'altra costellazione babilonese, la "Fronda di Erua", raffigurata come una dea che reggeva una fronda di palma.
L'identificazione coerente della Vergine con "Il Solco" e le dee del grano e della fertilità (Shala, Demetra, Cerere, Iside) attraverso le culture mesopotamiche, greche, romane ed egizie indica una connessione fondamentale e antica tra le osservazioni celesti e le pratiche agricole umane. Il nome stesso "Spica" rafforza questa osservazione. Questo suggerisce che le prime interpretazioni della costellazione erano profondamente pragmatiche, servendo come calendario celeste per la semina e il raccolto, e successivamente evolvendo in personificazioni divine di questi processi vitali. Il simbolismo non è meramente astratto, ma radicato nelle necessità pratiche della sopravvivenza umana.
Il Mito Greco-Romano
Nella mitologia greca antica, la Vergine era associata a Demetra, la dea del grano, dell'agricoltura e dell'autunno. I Romani la collegavano alla loro dea Cerere. Un'altra figura associata è Persefone (Proserpina per i Romani), figlia di Zeus e Demetra (Cerere per i Romani), dea della primavera rapita e sposata da Ade, re degli Inferi. Questo mito spiega le stagioni: il tempo passato da Persefone negli Inferi corrisponde all'inverno, quando Demetra è in lutto e la terra è sterile; il suo ritorno porta la primavera e la fertilità. I Fasti di Ovidio descrivono il dolore di Cerere per il rapimento di Persefone, enfatizzando il dolore e la rabbia della madre, collegandoli alla sterilità della terra.
riudirai più cose, poche saprai di nuove.
La Trinacria, che prese nome dal sito del luogo,
si protende nell'ampio mare co' suoi tre scogli:
è sede cara a Cerere... ...
Suo zio la vede e, come la vede, veloce la ruba
e coi foschi cavalli la porta nel suo regno.
Ella gridava: «Ahi sono rapita, carissima madre!»
e avea da sé stracciata la tunica dal seno."
("I Fasti" - Libro IV)
In alternativa, la Vergine era identificata con la dea vergine Iustitia o Astrea, dea della purezza e della giustizia. Si credeva che Astrea fosse l'ultima immortale ad abbandonare la Terra alla fine dell'Età dell'Oro (o dell'Età del Bronzo) a causa della crescente malvagità dell'umanità, rifugiandosi tra le stelle come la Vergine.
Spesso era raffigurata con le bilance della giustizia, che in seguito divennero la costellazione separata della Bilancia. Virgilio, nella sua Quarta Egloga (Ecloga Messianica), profetizzò il ritorno di Astrea per inaugurare un'era di pace, una nuova età dell'oro.
iam nova progenies caelo demittitur alto."
("Già ritorna anche la Vergine, ritornano i regni di Saturno;
già una nuova stirpe è mandata giù dall'alto del cielo.")
Altri miti greci associano la Vergine a Erigone, la fanciulla ateniese e figlia di Icario (il quale ospitò Dioniso che insegnò lui a distillare il vino, come si può leggere nella mitologia del Boote), che si impiccò per il dolore dopo l'omicidio del padre. Zeus o Dioniso posero poi queste figure nel cielo come costellazioni (Erigone come Vergine, Icario come Boote e il suo cane Mera come Cane Minore). Anche Parthenos, figlia di Apollo e Crisotemi (o Stafilo e Crisotemi), morta vergine, fu associata alla costellazione.
Il mito di Astrea è particolarmente ricco. La sua partenza dalla Terra a causa della corruzione umana, in particolare durante il passaggio dall'Età dell'Oro all'Età del Bronzo, simboleggia un declino cosmico e morale. La sua collocazione nei cieli come la Vergine non è solo un catasterismo (la trasformazione di un essere in una costellazione), ma un promemoria celeste permanente dell'innocenza e della giustizia perdute. Questa narrazione suggerisce che le culture antiche utilizzavano i fenomeni celesti non solo per spiegare i cicli naturali (come le stagioni attraverso Demetra e Persefone), ma anche per incarnare concetti morali e filosofici profondi, riflettendo le ansie sociali riguardo alla traiettoria etica dell'umanità. La Vergine, in questo contesto, diventa un simbolo di una bussola morale, un faro celeste di giustizia che ha abbandonato un mondo corrotto.
Simbolismo Egizio
Nella mitologia egizia, la presenza del Sole nella Vergine segnava l'inizio della raccolta del grano. La costellazione era identificata con la dea Iside, spesso raffigurata con spighe di grano in mano. Secondo un mito, Iside lasciò cadere queste spighe mentre fuggiva dal mostro Tifone e queste quattro spighe finirono per formare la Via Lattea. A volte era anche raffigurata con il giovane Horus in braccio.
L'identificazione coerente della Vergine con le principali dee della fertilità in diverse culture antiche (Shala babilonese, Demetra/Persefone greca, Cerere romana, Iside egizia) evidenzia un archetipo potente e universale del divino femminile legato al sostentamento e alla vita. La successiva associazione con la Vergine Maria nel Medioevo dimostra ulteriormente questo sincretismo. Ciò suggerisce che, nonostante pantheon e contesti culturali distinti, l'umanità ha costantemente proiettato bisogni e valori fondamentali simili (fertilità, sostentamento, purezza) su questo particolare schema celeste, portando a una notevole convergenza di significato simbolico attraverso millenni e continenti. La costellazione è servita da tela per un'esperienza umana condivisa di dipendenza dalla generosità della natura e la venerazione delle sue forze vitali.
Evoluzioni culturali: la rilettura del simbolo della Vergine nella tradizione cristiana
Durante il Medioevo, la Vergine fu talvolta associata alla Beata Vergine Maria. L'antica raffigurazione di Iside con le spighe di grano riapparve come la Vergine Maria con il bambino Gesù. Alberto Magno nel XIII secolo affermò persino che l'oroscopo del Salvatore si trovava nella Vergine. Il glifo antico della Vergine, una "m" modificata, è collegato all'iniziale di Maria e di altre madri vergini come Myrra (madre di Adone) o Maya (madre di Buddha). La Vergine era anche definita la "Casa del Pane", e Betlemme si traduce letteralmente in "casa del pane", suggerendo un riferimento celeste.
La transizione fluida del simbolismo della Vergine dalle antiche dee della fertilità (Shala, Demetra, Iside) alla Vergine Maria è un esempio lampante di adattamento culturale e sincretismo. L'interpretazione della "Casa del Pane" e il legame con Betlemme mostrano una deliberata ricontestualizzazione del simbolismo astronomico e agricolo all'interno di un nuovo quadro religioso. Questo dimostra come archetipi potenti e duraturi, inizialmente legati ai cicli naturali e alle divinità pagane, possano essere riappropriati e reinterpretati da nuovi sistemi religiosi per conferire loro legittimità e continuità con le narrazioni culturali consolidate. Sottolinea l'interazione dinamica tra l'evoluzione dei sistemi di credenze e i simboli culturali ereditati.
La Vergine nell'arte
Iconografia negli Atlanti celesti
La Vergine è stata costantemente raffigurata come una fanciulla, spesso alata e con in mano una spiga di grano.
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Uranometria di Johann Bayer (1603): Nella sua raffigurazione, Spica era Alpha Virginis, Zavijava Beta Virginis e Porrima vicino all'anca sinistra della Vergine.

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Firmamentum Sobiescianum sive Uranographia di Johannes Hevelius (1690): Questo atlante fu il primo a competere con l'Uranometria di Bayer per accuratezza e influenza. L'opera di Hevelius è unica per la sua scelta di raffigurare le costellazioni come apparirebbero su un globo (ovvero, dall'esterno verso l'interno), piuttosto che da una prospettiva geocentrica. La Vergine domina la sua tavola, spesso con le stelle evidenziate in oro. In particolare, scelse di mostrare molte costellazioni umane di spalle, una caratteristica unica che rese obsolete le descrizioni stellari tradizionali (ad esempio, "stella nella spalla destra").

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Atlas Coelestis di John Flamsteed (pubblicato postumo nel 1729): Fu un atlante celeste cruciale del XVIII secolo, noto per le sue carte dettagliate e le correzioni di errori astronomici precedenti. Le incisioni di Flamsteed, basate su dipinti barocchi di James Thornhill, raffigurano la Vergine insieme a costellazioni vicine come Boote, Leone, Cratere, Corvo, Idra e Bilancia.

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Uranographia di Johann Elert Bode (1801): Questo fu il più grande atlante stellare pubblicato, includendo oltre 17.000 stelle e 2500 nebulose. Il suo stile di raffigurazione delle costellazioni era nuovo, mostrando poca aderenza agli atlanti precedenti.

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Zodiaco di Dendera (I secolo a.C. - I secolo d.C.): Un'antica rappresentazione egizia in cui la Vergine fa parte di un gruppo di costellazioni (Vergine-Gemelli-Ariete) che descrive una curva abbassata, con il suo centro spostato verso l'Ariete. La Vergine è orientata verso lo zenit.
Arti figurative
La costellazione della Vergine è stata simboleggiata da una fanciulla in capolavori rinascimentali, raffigurando la bellezza e la divinità delle dee.
L'"Allegoria della Giustizia" di Ambrogio Lorenzetti (Sala della Pace, Palazzo Comunale di Siena), sebbene non sia una rappresentazione diretta della costellazione, incarna la figura allegorica della Giustizia, fortemente associata ad Astrea/Vergine. Ricostruisce un ideale di Giustizia che unisce la funzione giurisdizionale con la risoluzione dei conflitti attraverso la libertà individuale. La bilancia, sorretta dalla Sapienza, simboleggia l'equilibrio necessario tra giustizia giurisdizionale e consensuale.
Allegoria della Giustizia, Ambrogio Lorenzetti - Sala della Pace, Palazzo Comunale di Siena
Il disegno "Giove e Astrea" di Giulio Campi (ca. 1545–50) raffigura Astrea (identificata da un'iscrizione) in un abbraccio amoroso con Giove, che ha assunto la forma di un'aquila. È uno studio preparatorio per affreschi che rappresentano gli amori di Giove, mostrando Astrea non con le sue bilance ma in un'interazione mitologica più umanizzata. Quest'opera dimostra come il mito di Astrea sia stato reinterpretato nel Rinascimento, concentrandosi sulla narrazione e sull'emozione umana piuttosto che solo sul suo ruolo simbolico di Giustizia.
Giove e Astrea, 1545/50, di Giulio Campi. Met Museum.
Un manoscritto di astronomia dell'arte Safavide (metà XVII secolo) raffigura la Vergine (Al-Adhra) come una donna alata con cavigliere e braccialetti d'oro, montata su cartoncino con margini floreali, mostrando interpretazioni artistiche transculturali. Inoltre, i manoscritti medievali e rinascimentali, come un manoscritto napoletano del 1469 di Phaenomena, raffigurano la Vergine come una donna alata che tiene tre spighe di grano, con punti rossi che segnano le stelle.
The Constellation Virgo (Al-Adhra), XVII secolo, Safavic Iran
L'arte rinascimentale, come si evince dal "Giove e Astrea" di Campi e dalla tendenza generale alle raffigurazioni di "fanciulle", va oltre una rappresentazione puramente simbolica o scientifica della Vergine. Invece di mostrare semplicemente Astrea con le sue bilance, gli artisti esplorano la sua narrazione, le sue interazioni con altre divinità e il suo stato emotivo, rendendo la figura celeste più riconoscibile e integrata in cicli mitologici più ampi. Questo cambiamento riflette le più ampie tendenze umanistiche del Rinascimento, dove i miti classici venivano riesaminati per la loro profondità narrativa e complessità psicologica, piuttosto che solo per la loro funzione allegorica o astronomica. Sottolinea come l'arte sia servita da mezzo per re-immaginare e arricchire le narrazioni culturali consolidate.
Table 2: Opere d'Arte Rilevanti con Allegorie della Vergine
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Titolo dell'Opera |
Artista/Periodo |
Descrizione dell'Allegoria |
Connessione con la Costellazione/Mito |
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Allegoria della Giustizia |
Ambrogio Lorenzetti / XIV Secolo |
Giustizia con bilancia e spada, che incarna l'equilibrio |
Incarna l'archetipo di Astrea/Giustizia |
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Giove e Astrea |
Giulio Campi / ca. 1545–50 |
Astrea in un abbraccio con Giove (forma di aquila) |
Reinterpretazione narrativa del mito di Astrea |
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The Constellation Virgo (Al-Adhra) |
Anonimo (Iran Safavide) / Metà XVII Secolo |
Donna alata con ornamenti d'oro |
Rappresentazione interculturale della Vergine |
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Phaenomena, MS M.389 fol. 20v |
Anonimo (Napoli) / 1469 |
Donna alata che tiene spighe di grano |
Interpretazione medievale/rinascimentale della Vergine come fertilità/fanciulla |
La Vergine nella Letteratura
La costellazione della Vergine ha lasciato un'impronta significativa nella letteratura classica, fungendo da veicolo per allegorie morali, spiegazioni di fenomeni naturali e persino profezie.
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Arato (Fenomeni): Fornisce la più lunga storia costellativa della Vergine, descrivendola come la Giustizia (Dike). Ella dimorò sulla Terra, esortando a giudizi più benevoli, ma alla fine fuggì in cielo a causa della malvagità umana (Età del Bronzo), prendendo il suo posto vicino a Boote. Arato menziona anche Astrea come identificazione alternativa.
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Manilio (Astronomica): Menziona la Vergine come "spicifera est Virgo Cereris" ("La Vergine con la sua spiga appartiene a Cerere"). Descrive le influenze astrologiche di coloro che nascono sotto la Vergine: alta eminanza, direzione delle leggi statali e dei codici sacri, cura dei templi e abilità nelle arti dotte, nel linguaggio affascinante e nel discernimento delle verità nascoste. Nota anche l'origine della stenografia dall'influenza della Vergine ("scriptor crit velox"). Un "difetto" è la timidezza nei primi anni e la mancanza di fecondità. Manilio afferma che la Vergine governava Arcadia, Caria, Ionia, Rodi e le pianiere Doriche ai suoi tempi.
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Ovidio (Metamorfosi, Ars Amatoria, Fasti): Si riferisce alla partenza di Astrea dalla Terra a causa della malvagità umana: "la Vergine, ultima tra gli esseri celesti, Astrea, lasciò le terre macchiate di sangue". Allude anche all'associazione della Vergine con il calore. I Fasti di Ovidio descrivono il dolore di Cerere per il rapimento di Persefone, enfatizzando il dolore e la rabbia della madre, collegandoli alla sterilità della terra.
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Virgilio (Bucoliche): La Quarta Egloga di Virgilio profetizza il ritorno della "Vergine" (Astrea) e il ritorno dei regni di Saturno, inaugurando una nuova età dell'oro con la nascita di un bambino. Questo collega la Vergine a temi di rinnovamento, giustizia e speranza messianica. La sua apoteosi di Augusto include il titolo stellare Erigone per la Vergine.
I riferimenti letterari classici (Arato, Manilio, Ovidio, Virgilio) dimostrano che le costellazioni, in particolare la Vergine, fungevano da potenti strumenti allegorici per trasmettere lezioni morali (la partenza di Astrea a causa della malvagità umana ), spiegare fenomeni naturali (Demetra/Persefone e le stagioni ) e persino esprimere profezie politiche o messianiche (la Quarta Egloga di Virgilio ).
Osservazione
Le coordinate celesti della Vergine si aggirano intorno a 13 ore di Ascensione Retta e -4° di Declinazione. Sebbene si trovi nel terzo quadrante dell'emisfero australe, la sua estensione la rende visibile da latitudini che vanno da +80° a -80°, consentendone l'osservazione dalla maggior parte del globo terrestre. Nell'emisfero boreale, la Vergine è particolarmente evidente durante la primavera, illuminando il cielo notturno tra marzo e aprile. Il periodo più propizio per la sua osservazione serale si estende da metà marzo a fine giugno. Al contrario, nell'emisfero australe, è meglio osservabile durante l'autunno e l'inverno. Il transito del Sole attraverso la costellazione della Vergine avviene da metà settembre a fine ottobre. La persistente designazione della Vergine come "costellazione zodiacale" e il prolungato periodo (44 giorni) in cui il Sole la attraversa, il più lungo tra le costellazioni zodiacali, sottolineano la sua importanza storica nella misurazione del tempo e nella definizione dei cicli stagionali. Questa rilevanza è ulteriormente confermata dalle sue antiche associazioni con i periodi di raccolta in Mesopotamia. Ciò suggerisce che la configurazione astronomica della Vergine non era una semplice osservazione astratta, ma rivestiva implicazioni pratiche e culturali profonde, influenzando direttamente le attività agricole e la strutturazione dei primi calendari umani. La stessa natura "zodiacale" della costellazione incarna questa profonda connessione storica tra la meccanica celeste e la vita sulla Terra.
La costellazione è attraversata dall'equatore celeste e le stelle zeta e gamma si trovano a meno di 2° da esso.
I corpi celesti
Nonostante la sua vasta estensione, la costellazione della Vergine presenta un numero limitato di stelle di elevata luminosità, rendendone l'individuazione a occhio nudo relativamente complessa. Tuttavia, la sua stella più brillante, Spica, funge da punto di riferimento facilmente identificabile. Porrima (γ Virginis) è una stella doppia di colore giallastro, con una magnitudine di 2.74, distante solo 39 anni luce. Vindemiatrix (ε Virginis) è una stella gialla di magnitudine 2.85, situata a 102 anni luce di distanza.
La costellazione della Vergine è eccezionalmente ricca di galassie (limitandosi alla undicesima magnitudine, infatti, in 3 ore e mezza di Ascensione Retta sono presenti ben 35 galassie. Se teniamo in considerazione la dodicesima magnitudine, invece, il numero di galassie sale a 120) grazie alla presenza dell'Ammasso della Vergine (Virgo Cluster), il più vicino e denso ammasso di galassie (la zona più ricca è la "Coppa della Vergine", l'area delimitata dalle stelle Vindemiatrix, Auva e Porrima). Occupa un'area tra 5° e 10° a ovest di Vindemiatrix. Questo ammasso costituisce il nucleo del Superammasso Locale di galassie, ai cui margini si trovano la Via Lattea e il nostro Gruppo Locale. Contiene oltre 2.000 galassie (undici oggetti del Catalogo di Messier), con un'elevata abbondanza di spirali tra i membri più brillanti, sebbene le galassie ellittiche nane siano numericamente dominanti. L'attrazione gravitazionale dell'Ammasso della Vergine sta rallentando la velocità di fuga della Via Lattea, causando un blueshift in alcune delle sue galassie. Tra le galassie più prominenti si annoverano M87, una delle galassie più grandi conosciute, nonché M49, M58, M59, M60, M61, M84, M86, M90:
Una notevole galassia a spirale che non fa parte dell'ammasso è la Galassia Sombrero (M104).
Sciami meteorici
Le Virginidi sono un complesso di sciami meteorici che si irradiano principalmente dalla costellazione della Vergine, attivi da fine gennaio a inizio maggio, con un picco tra marzo e aprile. Questo complesso include diversi flussi come gli Alpha, Gamma, Eta, Theta, Iota, Lambda, Mu, Pi e Psi Virginidi, e i March Virginids. Il radiante principale si sposta dal Leone centrale alla Vergine centrale, vicino a Spica. I corpi progenitori non sono definitivamente identificati per tutti gli sciami, ma alcuni sono collegati ad asteroidi near-Earth.
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